Leasing immobiliare: una valida alternativa al mutuo?

Dopo le automobili, le barche e i beni durevoli di significativo valore, anche per l’acquisto della casa si sono aperte le porte del leasing a beneficio dei soggetti privati. Una novità della Legge Finanziaria 2016 tanto osannata, quanto acclamata alternativa per le famiglie intenzionate ad ottenere la tanto sognata casa di proprietà. Il legislatore, sul versante fiscale, ci ha messo del suo contribuendo significativamente ad agevolare alcune categorie di soggetti quali, ad esempio, le giovani coppie con almeno un componente di età inferiore a 35 anni e con un reddito complessivo annuo inferiore a € 55.000. Per queste, l’acquisto della prima casa con leasing nel periodo 2016-2020 garantisce una detrazione fiscale del 19% sugli oneri corrisposti sui canoni più accessori, fino a un tetto massimo di costo annuo sostenuto di € 8.000. Da una prima analisi, rispetto ad un muto, che garantisce la detrazione dei soli interessi passivi corrisposti alla banca del 19%, il leasing, data la natura finanziaria dell’operazione, abbraccia l’intero canone più accessori pagati durante l’anno. I canoni, nello specifico, oltre a comprendere la quota interessi includono anche la quota capitale necessaria a finanziare l’acquisto dell’immobile. In base ad un recente studio di Assilea – Associazione Italiana Leasing, l’utilizzo del leasing per l’acquisto della prima casa da parte dei soggetti ai quali è stato negato il mutuo può rappresentare una valida alternativa. Dal confronto fiscale, la stessa Assilea , ha calcolato i potenziali vantaggi per l’acquisto di un immobile dal valore di mercato di € 150.000.

Mutuo contro leasing
Under 35 Mutuo Leasing
Valore immobile € 150.000
Tasso 2,90%
Anticipo € 52.000 € 30.000
Riscatto € 22.000
Rata/Canone € 536 € 592
Spesa lorda € 181.140 € 193.988
Detrazioni fiscali € 2.567 € 27.903
Spesa netta € 178.573 € 166.085
Risparmio derivante dal leasing € 12.488

 

Quali sono le differenze sostanziali tra il mutuo e il leasing

L’acquisto di un immobile con il mutuo comporta in primis il trasferimento del diritto di proprietà dal cedente al cessionario. Quest’ultimo, in forza del diritto di proprietà esercitato sull’immobile dovrà provvedere al pagamento delle eventuali imposte di proprietà (es. IMU in caso di seconda casa), nonché decidere se alienare il bene in qualsiasi momento. Il mutuo, in questa fattispecie rappresenta lo strumento volto a favorire l’acquisto effettivo, esso rimane indipendente dal diritto esercitabile da chi acquista, salvo la presenza di ipoteca, dal finanziatore iscritta sull’immobile per finanziarne l’acquisto. Il leasing, diversamente, da un punto di vista civilistico si configura come quell’accordo tra soggetto beneficiario e banca o intermediario finanziario ove quest’ultimo «si obbliga ad acquistare o a far costruire l’immobile su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore» ponendo, però, a carico dell’una e dell’altra parte ben precisi obblighi. In definitiva con il leasing il trasferimento della proprietà è postergato al pagamento di tutte le rate del canone concordato, determinando quindi, ai sensi dell’art. 1523 del C.C. il mantenimento della proprietà nel soggetto finanziatore fino a quando il compratore non avrà adempiuto al pagamento dell’ultima rata di prezzo.

Quali rischi per l’utilizzatore

L’utilizzatore assume tutti i rischi con riferimento all’eventuale «perimento» del bene e, ovviamente, l’obbligo di pagare regolarmente i canoni periodici. Inoltre, è tenuto al riscatto finale dell’immobile, contrattualmente prestabilito, salvo il caso nel quale decida di non esercitare il riscatto stesso, dandone comunicazione al concedente. In caso di inadempimento, il concedente ha diritto di risolvere il contratto e di chiedere la restituzione del bene, ma dovrà corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o «altra collocazione del bene», che deve avvenire, in ogni caso, a valore di mercato e nel rispetto dei criteri di trasparenza e pubblicità nei confronti dell’utilizzatore. Per determinare la somma da corrispondere a quest’ultimo, è necessario dedurre dal prezzo di mercato percepito dalla vendita o ricollocazione del bene, la somma dei canoni scaduti e non pagati dall’utilizzatore e quelli futuri ancora mancanti, attualizzati, e il prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto. Se da questa somma algebrica dovesse scaturire un risultato negativo, ossia una cifra a favore del concedente, la differenza dovrà essere corrisposta dall’utilizzatore al concedente stesso.

Il legislatore ha disposto inoltre che, l’utilizzatore solamente per validi motivi (es. perdita del lavoro) può richiedere la sospensione temporanea dal pagamento dei canoni, esercitabile per massimo 12 mesi e richiedibile una sola volta durante tutta la vita del contratto.

A detta di chi scrive, se la finanza ha l’obiettivo di fornire nuovi strumenti per incentivare soggetti potenzialmente esclusi dal mercato, es. chi non può acquistare casa al di fuori dell’area leasing, c’è da chiedersi quali rischi corre chi accetta di pagare dei canoni, senza essere proprietario e con la promessa di divenirlo ad una data futura, previo pagamento di un maxi-canone? Il leasing può essere sì una valida alternativa all’acquisto diretto con mutuo, a condizione che l’utilizzatore sia ben cosciente del fatto che anche il mancato pagamento di una sola rata (senza giustificato motivo) può determinare la risoluzione del contratto con l’onere di vedere vanificati i sacrifici fatti sino a quel momento con il pagamento dei canoni.

Lucio Steduto