Concordato preventivo liquidatorio – rapporto tra liquidatore sociale e liquidatore giudiziale

Nel concordato preventivo liquidatorio la figura del liquidatore giudiziale è espressamente prevista dall’art. 182 L.F., il quale, al primo comma, prevede: “Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione”.

E’ sovente nella pratica concordataria ritrovarsi con due figure apparentemente simili: il liquidatore sociale e il liquidatore giudiziale, il primo espressione della compagine sociale rappresentante quindi il mandato a liquidare, il secondo invece, nominato dal GD in sede di omologazione del concordato.

Questa particolare sovrapposizione di figure si verifica quando una società posta in liquidazione non riuscendo a smobilizzare i propri asset nel breve periodo ricorre ad un concordato preventivo di tipo liquidatorio per scongiurare l’eventuale rischio che uno o più creditori possano presentare istanza di fallimento. Il passaggio da stato di liquidazione sociale a concordato preventivo liquidatorio, oltre a far perdurare la presenza dei vecchi organi sociali, determina la nascita di un commissario giudiziale della procedura (con ruolo di supervisione e controllo) e di un liquidatore giudiziale (figura preposta alla vera esecuzione del piano concordatario ovvero responsabile della liquidazione dell’attivo per il pagamento dei creditori).

La questione, nella pratica, può diventare particolarmente spinosa poiché i due liquidatori coesistenti potrebbero assumere dei ruoli e/o competenze non pertinenti rispetto allo specifico mandato a ognuno affidatogli.

Il legislatore, poi, non avendo delineato esattamente il confine di competenze spettanti all’uno e all’altro in caso di coesistenza, ha lasciato spazio ai Tribunali di adottare modalità consuetudinarie di gestione. In generale, il liquidatore giudiziale, in base al quarto e quinto comma dell’art. 182 L.F. deve provvedere alla liquidazione dell’attivo e del passivo compatibilmente agli articoli dal 105 al 108-ter della L.F.:

–             art. 105 L.F. relativo alla vendita dell’azienda (o dei suoi rami), di singoli beni o in blocco;

–             art. 106 L.F. sulla cessione dei crediti, di diritti, di quote o azioni e del mandato a riscuotere;

–             art. 107 L.F. sulle modalità di gestione delle vendite;

–             art. 108 L.F. sui poteri del Giudice Delegato nelle operazioni di realizzo dell’attivo;

–             art. 108-ter L.F. sulle modalità di vendite di opere dell’ingegno, marchi e brevetti.

Il liquidatore giudiziale non assumendo alcun ruolo di mandato da parte del debitore non è tenuto a rispettare gli orientamenti gestionali dettati dai soci bensì dalla procedura concordataria. Nello stesso tempo, il liquidatore della procedura, senza avere mai rappresentanza legale della società, avrà come unico driver della liquidazione il piano di concordato.

Tesi consolidata della giurisprudenza accerta che, il liquidatore giudiziale, non avendo legittimazione attiva a compiere diversi atti di rilevanza giuridica, non possa, per esempio, redigere e depositare il bilancio di esercizio, occuparsi della determinazione e liquidazione delle imposte, convocare l’assemblea ordinaria e straordinaria, definire tutti gli atti che, al di fuori del piano di concordato, richiedano l’intervento di firma del rappresentante legale. I due liquidatori per far sì che il progetto/piano di concordato abbia successo devono collaborare attivamente per il raggiungimento degli obiettivi specifici. Gli atti e le condizioni straordinarie che dovessero presentarsi in corso d’opera (es. richiesta di nuova finanza a seguito di eventi straordinari non compromettenti per il piano), oltre all’approvazione da parte del comitato dei creditori richiederebbero la firma congiunta dei due liquidatori.

Per risolve i potenziali conflitti tra il liquidatore sociale e quello giudiziale molti tribunali, aderenti peraltro alla dottrina prevalente, accettano e quindi nominano come liquidatore giudiziale l’eventuale soggetto indicato nella proposta del debitore approvata dalla maggioranza dei creditori. Il soggetto indicato dal debitore, obbligatoriamente in possesso dei requisiti previsti dall’art. 28 L.F., nella maggioranza dei casi è il liquidatore sociale. Solamente in questo caso, un soggetto unico, oltre ad avere rappresentanza legale sarà responsabile della liquidazione in accordo al piano di concordato.

La scelta di unificare i poteri in un unico soggetto si fonderebbe sul presupposto che il Tribunale non possa eludere una precisa scelta del debitore con avvallo della maggioranza dei creditori, sia in applicazione di quanto previsto dall’art. 182 L.F., sia per la maggiore centralità ricoperta dall’accordo rispetto ai poteri omologatori giudiziali.

Di tesi opposta, altri Tribunali, non convenendo su detto orientamento, provvedono alla nomina di un soggetto diverso da quello eventualmente indicato dal debitore per ovvie ragioni di conflitto di interessi ed indipendenza dal debitore. Inoltre, a confutare la tesi opposta, vi è anche un principio di incompatibilità professionale in base al quale il liquidatore che non ha raggiunto gli obiettivi del proprio mandato non può essere riconfermato (in sede giudiziale) per adempiere al medesimo incarico.

A detta di chi scrive, il concordato preventivo, proprio per la maggiore centralità ricoperta dall’accordo rispetto ai poteri omologatori giudiziali, dovrebbe consentire, quando possibile, l’espressione dell’intesa tra il debitore e la maggioranza dei creditori nella scelta di un soggetto professionista. Il Tribunale, da parte sua, verifica sempre e comunque il rispetto del piano omologato attraverso le figure indipendenti del Commissario Giudiziale e del Giudice Delegato.

Lucio Steduto